L’interesse di Andrea Devoto era rivolto all’essere umano. E’ stato psichiatra, sociologo, psicologo, ma il ruolo di psicologo, in particolare di psicologo sociale, era quello che sentiva più appartenere a sé stesso e alla sua vocazione di sostenitore dell’uomo. Nonostante si formi in un clima di pensiero scientifico organicista e settoriale in cui imperava la netta separazione tra normalità e anormalità, il suo interesse è per l’altro nella sua semplicità, osservato da molteplici punti di vista e conosciuto in maniera reale. Per Devoto conoscere l’essere umano significa prima di tutto capirne il contesto, gli ambienti che lo formano e lo condizionano. Per Devoto il male è un elemento banale della specie umana poiché, secondo lui, può colpire chiunque se sufficientemente condizionato.
La sua attenta analisi dell’altro emerge certamente dall’esperienza delle istituzioni chiuse. La riflessione di Devoto nasce precocemente, a causa della sua personale esperienza all’interno del Dispensario, per una tubercolosi polmonare, che lo porta a vivere in prima persona l’esclusione. Devoto analizza il carcere, il manicomio, il campo di internamento e di lavoro. E tra essi trova analogie e similitudini soprattutto perché appaiono ai suoi occhi come forme legali di continuazione del lager nella società civile. Secondo Devoto la condizione di esclusione degli internati è una sorta di “prodotto” della società stessa che crea esclusi e progetta, di conseguenza, luoghi per l’esclusione. E così manicomi e carceri non hanno altra funzione che rinchiudere e tenere “dentro” (quindi “fuori dalla società) i fratelli scomodi. Devoto rintraccia la logica oppressiva del sistema nazista anche nella vita quotidiana vissuta da ciascuno di noi. Secondo devoto l’esperienza dell’uomo del suo tempo è molto simile alla condizione di internati sul piano psicologico in termini di segregazione provocata da forze che manipolano continuamente e subdolamente pensieri e comportamenti.
Il problema della memoria è stato un punto focale della sua riflessione negli anni: la memoria è uno strumento potente ed è uno strumento sia dell’individuo che della collettività. Quello che, però, era solitamente visto come una difesa di queste memorie, era per Devoto una possibile offesa per il futuro: la memoria collettiva e individuale doveva essere invece utilizzata come una vera e propria terapia per il futuro, per non incorrere nuovamente ad errori e stragi tragiche per l’intera umanità.
Il pensiero e le idee di Andrea Devoto non possono dunque essere incasellate in una sola disciplina, ma abbracciano le scienze sociali, l’antropologia, la linguistica, la filosofia.
Fonti bibliografiche:
Spinelli Francesca, “Psicologia politica e psicologia sociale in Andrea Devoto (1927-1994), Tesi di laurea Facoltà di Lettere e Filosofia Università di Bologna, 2010.