“…mi sembra che il problema – relativo alla raccolta delle testimonianze degli ex deportati toscani – non stia nel trasmettere una immagine “eroica” dei superstiti del Lager nazisti a livello di motivazione/partecipazione alla lotto contro il fascismo; e neppure di raccogliere testimonianze di stampo “tradizionale” così come si è fatto in altri paesi europei e in altre città e regioni italiane.
Quello che mi sembra indispensabile è far sì che il fenomeno deportazione assuma un significato reale per i ragazzi d’oggi. A questo si può giungere soltanto in un modo: far sì che si passi dalla raccolta passiva di una testimonianza (..) ad uno scambio attivo e reciprocamente partecipato fra i ragazzi e i giovani da un lato, e i deportati dall’altro.
Noi che non siamo più giovani, caro Maris, sappiamo benissimo che i concetti di “libertà” e di “pace” sono strettamente legati alla terribile esperienza dei loro contrari, e si capisce la “passione” per la pace, che ci fanno credere nella difesa di questi valori. (..) Il giovane di oggi è ancora spettatore di avvenimenti ma non attore, “facilitatore” di pace e di libertà. Vogliamo provare a fargli prendere questa coscienza del nostro piccolo? ”
Firenze 6 ottobre 1987.
Lettera a Gianfranco Maris, allora Presidente Dell’Associazione Nazionale Ex Deportati politici nei campi nazisti(Aned).
“Ciascuno di noi è suscettibile di ‘fare incontri’ che ne attivino le potenzialità ancora inespresse, che stimolino la capacità di sognare, di ‘pensare in grande’, di ‘guardare lontano’, di rompere la tendenza al così detto piccolo cabotaggio a cui siamo legati per una infinita serie di motivi, che fanno poi parte della nostra storia privata, familiare e collettiva. Non sempre, però, “siamo pronti” a cogliere l’attimo fuggente, l’input significativo, il segnale determinante. E allora restiamo prigionieri del contingente, di un presente che via via si trasforma in un passato sempre più accattivante, perché consueto, comodo, protettivo, in fondo abulico.”
A. Devoto
“Quattro domande chiave che si pongono inevitabilmente ogni qual volta si deve affrontare una situazione di sofferenza individuale e sociale molto pronunciata, ad altissimo rischio e con scarsissimi margini di sicurezza:
– Come risolvere il disagio di un GRANDE numero di persone?-
– In tempi brevi?
– Con bassi costi?
– In maniera duratura?”
Andrea Devoto 1986
“Io non credo che si possa continuare a sostenere che sofferenza e disagio sono “fuori di noi” perché appannaggio di persone e gruppi in difficoltà. Può darsi che siamo NOI che lo pensiamo , magari che lo sosteniamo e gridiamo per farci coraggio , ma già il fatto che che si provi disagio di fronte all’infelicità altrui (Il lavavetri, il vu-cumprà, l’uomo col cartello che chiede l’elemosina) sta ad indicare da che parte stiamo.
Non siamo liberi da queste sensazioni:….esse sono parte di noi e non possiamo venire a patti con esse. Non possiamo fare come le tre scimmiette: non parlare non vedere, non ascoltare”
Andrea Devoto 1993